Tenuta Antica Posta

La Storia

L'analisi delle vicende di formazione di una proprietà fondiaria oggi riutilizzata a fini turistici, consente all'Autore di fornire una rapida esemplificazione del mercato fondiario che caratterizzò la storia agraria della Capitanata dal Basso Medioevo all'abolizione del sistema feudale e, soprattutto, alla successiva abolizione dei vincoli gravanti sul “Tavoliere fiscale” fino alla legge di affrancazione post-unitaria e, poi, alle vicende economiche a noi contemporanee.

La posta denominata “della Via” era, originariamente, parte integrante dei territori a vario titolo controllati dalla Dogana delle pecore di Puglia ed era, ovviamente, utilizzata per il pascolo invernale delle greggi dei “locati”. Di anno in anno era concessa in fitto a proprietari, per lo più, provenienti dall'Alto Sangro e, a partire dall'ultimo ventennio del XVIII secolo, anche ad altri residenti in centri della Capitanata, dietro corresponsione di un canone detto “fida”.

A introdurre la vicenda del territorio oggetto del presente lavoro, l'A. fa un rapido excursus sull'affermarsi dell'allevamento transumante nei territori dell'Appennino centro-meridionale e, quindi, si sofferma sulle vicende della Dogana delle pecore di Puglia, la magistratura statale che a partire dalla conquista aragonese fu proposta al governo dell'attività armentizia del Regno di Napoli. L'A. ripercorre, pertanto, il definirsi della struttura amministrativa della magistratura foggiana; la distribuzione annuale dei pascoli che la Dogana gestiva; la mediazione esercitata tra gli interessi dei proprietari terrieri (feudali, ecclesiastici o universali che fossero) e quelli degli armentari; la vigilanza sui pascoli sempre minacciati dalle usurpazioni degli operatori agricoli; la salvaguardia di franchigie e privilegi concessi agli armentari e a quanti a vario titolo ruotavano intorno al complesso sistema dell'allevamento transumante; il fiorente mercato dei prodotti dell'allevamento ai quali era riservata la fiera foggiana “della lana”.

L'A. descrive, quindi, dettagliatamente le poste del Tavoliere soffermandosi sulla loro collocazione nello spazio e sulle caratteristiche dei materiali utilizzati per realizzare i manufatti che le componevano, destinati al ricovero di uomini e animali, ma anche allo svolgimento delle consuete attività dei salariati delle “masserie” armentizie. Tutto ciò senza dimenticare l'evoluzione che contraddistinse tali costruzioni a partire dalla metà del XVIII secolo e che ne fece quelle strutture in muratura che caratterizzano ancora in parte il paesaggio della Puglia centro-meridionale. L'ampia premessa serve ad introdurre la ricostruzione delle vicende del territorio denominato “porta della Via” facente parte della locazione di Candelaro. Di esso l'A. rinviene non solo le prime attestazioni documentarie negli atti della “General reintegrazione” risalente alla metà del XVI scolo, ma ricostruisce –a campione. Gli assegnatari a partire dal 1577.

Dalla ricerca emerge, poi, che le terre della posta non furono destinate esclusivamente al pascolo. Come avvenne di consueto a partire dagli anni Sessanta del Cinquecento, per far fronte alle esigenze annonarie della capitale e del Regno da alcune aree doganali destinate originariamente al pascolo furono “distaccate” terre poi ridotte a coltura concesse in fitto per uno o più anni a imprenditori agricoli non soltanto locali.

Senza dimenticare le trasformazioni verificatesi nell'uso delle terre oggetto della ricerca e, quindi, il passaggio dal pascolo alla cerealicoltura estensiva e, poi, alle colture specializzate, l'A. ripercorre, infine, le vicende del territorio dopo l'abolizione del regime doganale e la censuazione prevista nella legge del 21 maggio 1806. Le terre a coltura furono censite dalla baronessa La Porta, un'erede degli ultimi locatari delle “terre salde di regia Corte”. Le terre a pascolo andarono, invece, ai fratelli Gasbarri di Rivisondoli. Nell'un caso e nell'altro ben presto i terreni passarono di mano. Come avvenne sovente in quegli stessi anni ai censuari, non bastò l'intervento del Governo e l'istituzione del Commissario civile per gli affari del Tavoliere per consentire loro di superare le difficoltà produttive e finanziarie che contraddistinsero i primi venti anni della censuazione. Più evidente appare, in proposito, la devoluzione che colpì la censuazione della baronessa La Porta. Nonostante il mancato rinvenimento di documentazione in materia, anche nel caso dei Gasbarri non si può escludere che il di Giacomo poté approfittare di loro difficoltà economiche.

I successivi proprietari dovettero, poi, fare i conti anche con vicende tanto più grandi di loro e con l'evoluzione politica, sociale e amministrativa del Paese.

Maria C. Nardella
Soprintendente archivistico per la Puglia

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